23 Dic Cronache di una flâneuse
CRONACHE DI UNA FLÂNEUSE
Rubrica di Anja Schneller*
UNA CIOCCOLATA CALDA CON BRUNO SCHULZ
È sabato mattina e normalmente dovrei andare al corso di mimo che si tiene in una vecchia sinagoga convertita in palestra vicino a Carré St. Louis, ma i miei soldini stanno diminuendo ed è per questo che ho trovato un lavoro per i fine settimana da “Senteurs de Provence” che vende oggetti decorativi, stoffe e tovaglie, saponi dalla Francia, creme dall’Italia, profumi dal Marocco, candele… e altri gadget che scaldano il cuore a meno venti.
Ad ogni modo, le vere azioni non si svolgono nelle scuole ma nella vita reale e nei negozi di tessuti, come ho imparato nei film di Harold Lloyd come “Safety Last”
Alle nove in punto del mattino mi ritrovo dietro il bancone con la mia collega, una giovane studentessa di Toronto.
Sopra il bancone, un gigantesco dipinto di un nudo androgino tipo Venus d’Urbis, il cui volto ricorda quello del padrone più giovane, osserva la bottega con sguardo severo, siamo soli.
“Prima delle undici non ci sarà nessuno” – dice la studentessa – vado a prendermi dei panini e una cioccolata calda qui accanto, ne prendo un po’ anche per te?” Dico di sì e la ringrazio quando torna con dei grandi panini, torte di carote alla panna e cioccolate calde che profumano di zucca alla cannella. Poi chiama qualcuno sul cellulare e parla una lingua esotica e asiatica. Mi spiega che era sua sorella gemella che vive a New York e per questo hanno un piano tariffario speciale per poter parlare tra loro all’infinito tra i due Paesi. Mi racconta che sono nate a Hong Kong, ma quando lo status di autonomia della regione doveva cambiare, la loro madre ha avuto così paura della Cina che l’intera famiglia è emigrata in Canada.
Parliamo dei suoi stivali che trovo belli e fashion. Aggiunge che il proprietario del negozio sarebbe di famiglia ebreo-marocchina e si era cimentato nel cinema e nelle varie arti come si vede nel quadro soprastante, prima di tornare in seno alla famiglia per continuare a gestire le botteghe del padre. Ma il capo è gentile, ci paga per chiacchierare, mangiare panini e bere cioccolata calda alla cannella, appoggiato mezzo addormentato al bancone il sabato mattina.
Mi ricorda un’opera teatrale della compagnia Theater de Complicité che metteva in scena la vita e il tragico destino dello scrittore e designer polacco Bruno Schulz, assassinato da un nazista, e i cui bellissimi murales furono successivamente scoperti. La loro commedia si chiamava The street of crocodiles e c’è un’altra raccolta dei suoi racconti chiamata Le botteghe di cannella. A volte anche Schulz aveva lavorato nel negozio di tessuti del padre. Mi è piaciuta soprattutto una scena molto farsesca, quando la giovane commessa protagonista cerca di flirtare con la figlia di un cliente e fa gesti esagerati e ampi in modo tale che il suo busto si incurva sopra il bancone, le sue gambe si alzano perdendo l’equilibrio e rischiando di cadere dall’altra parte. Intanto la ragazza sorride timidamente e imbarazzata e cerca di rimpicciolirsi piegando le ginocchia.
“Ehi, cos’è questo, non voglio mai più vedervi così!”
Una voce maschile mi sveglia e porta il nostro sguardo dal sogno al presente concreto, cioè sulle briciole della torta e sulle pozzanghere di cioccolato sul bancone. “Avete venduto qualcosa finora?” Facciamo segno di no e diciamo che è colpa dei clienti che non escono di casa e non entrano nel negozio. Allora il capo spalanca la porta e va in giro con un profumo per ambienti che spruzza ovunque. “E’ così… che si attirano le persone, ve lo dimostro… e poi muovetevi fate qualcosa, datevi da fare!… spolverate almeno i barattoli delle creme, almeno!” Con quei gesti magici entrano tre signore molto chic e noi facciamo del nostro meglio… una performance degna delle Demoiselles de Rochefort attorno a stoffe, tovaglie e quelle signore che ricordano La Febbre del Sabato Sera. Comprano cinque tovaglie molto costose di 270cm per 270cm e ci invitano ad un concerto di Craig Judelman.
Siamo salve.
Il capo ci fa misurare la temperatura. (continua)
*Anja Schneller ha studiato troppo teatro, letteratura e danza a Magonza, Londra, Berlino e Montreal .. così ha perso amici che non erano mai contenti. Da allora galleggia tra i Paesi e soffre della malattia “timidity is killing me”. Per questo motivo è attratta dalla città di Genova.
Fa anche teatro del corpo, mimo e improvvisazione, insegna e lavora con i rifugiati, si diverte a filmare e scattare foto di fiori e altre bellezze.